Scorie

L’aria è ferma. Lara cammina veloce al margine della strada provando a opporre il movimento delle sue gambe a quell’immobilità pervasiva, ma il suo tentativo le ritorna indietro come un boomerang. É strano: ha sempre pensato al rumore come qualcosa che attraversa, ancor prima di qualcosa che si percepisce con l’udito, eppure la sua città produce un rumore che non sposta nulla. Produce e non sposta.
Il cellulare vibra nella tasca, Lara lo prende e fa scivolare il pollice sullo schermo, quindi legge il messaggio con un occhio semichiuso a causa del sole:”Ehii ci vediamo oggi? Da me?” Alza lo sguardo al cielo: si era scordata di Edoardo e in tutta onestà non ha la minima voglia di vederlo, comunque risponde con un simulacro di entusiasmo “Siii, facciamo alle 5” e si gira per tornare a casa a cambiarsi.
Quando entra nel monolocale di lui si prefigura la sequenza di quello che sta per succedere: lui le chiederà di bere qualcosa sul piccolo terrazzo e parleranno della loro settimana, poi ci sarà quel freddo necessario per rientrare -anche quando è estate e si suda solo muovendo i muscoli facciali- e mettersi a vedere lo stesso film mediocre, che non termineranno mai perchè è solo un pretesto per sentirsi meno in imbarazzo nell’iniziare a scopare. Mentre si srotola tutto questo nella sua testa, Lara fa caso ai nuovi quadri sulle pareti e alle chiavi del motorino, che sono in cucina e non all’ingresso come al solito; manca anche lo scottex e c’è una pila di camicie tutte arruffate sulla sedia di legno vicino alla credenza che emana un odore meraviglioso. Sorride, ha sempre notato e apprezzato silenziosamente il fatto che Edoardo usi l’ammorbidente e il ferro da stiro molto più di quanto non faccia lei. Quando, poco dopo, le sue dita la ricalcano, Lara non riesce a non pensare a quanto le è incomprensibile che lui sia dentro di lei se lei è fuori da sè. A un certo punto inizia a tossire, di quella tosse polverosa e continua che le fa lacrimare gli occhi e arriva senza preavviso o apparente motivo, quindi si interrompono e Edoardo le va a prendere un bicchiere d’acqua.
“Scusami” dice Lara dopo aver deglutito,
lui le asciuga una lacrima e replica:”Non ti preoccupare, ti conosco”

Tornata in strada l’aria è ancora ferma, ma quasi più rovente di prima su guance e sopracciglia. Si sente una campana di sottofondo e Lara si ricorda che è domenica, perciò segue quel rumore che, effettivamente, si muove. Al suo arrivo la celebrazione è finita e la navata è vuota a eccezione di un paio di signore che stanno infilando le monete per accendere le candele e sussurrano chissà quali desideri nelle loro preghiere, chissà quali preghiere annidate nei loro desideri. Di nuovo il cellulare le vibra e il messaggio è di Edoardo che dice:”Hai lasciato qui le cuffiette”
e sotto:”Devo ammettere che mi mancherai ora che parti”
A Lara iniziano a pulsare le tempie, si sente ancora addosso l’impronta dei suoi polpastrelli e i piccoli morsi dei denti irregolari e pensa che anche lei lo conosce, conosce quella casa, le sue abitudini, senza dubbio gli vuole bene. Se gli mancherà? Sì, la verità è che già ne sente l’assenza e tuttavia è consapevole di non esserne innamorata.
“Ti voglio bene e mi manchi”
“Ti voglio bene e mi manchi, ma non ti amo”
“TI VOGLIO BENE E MI MANCHI, MA NON TI AMO PIÚ”
Lara è piegata in ginocchio, a metà della navata di fronte al crocifisso, quando sente se stessa dire a voce alta queste parole e piange lacrime di liberazione, perchè sa che non parla solo di Edoardo.
É rimasta solo una delle due signore: la osserva a debita distanza per un po’ di tempo prima di avvicinarsi, poi senza dire nulla la guarda, le prende le mani, mette al centro di uno dei due palmi una delle sue moneta e le richiude le dita, ad abbracciare la preghiera-desiderio che le ha regalato.
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15 settembre esame di inglese: una vita di esami di inglese ed essere sempre lí lí, sull’uscio della padronanza della lingua ma senza entrare. Celeste sposta mucchietti di sabbia con i piedi accompagnata dal podcast britannico che sta ascoltando nelle cuffie, unico metodo di studio che riesce a concepire d’estate. Sta per abbandonare anche questo tentativo di ripasso e rimettere il cellulare surriscaldato al riparo, quando l’host dice nella sua pronuncia perfetta “Overwhelmed”, da dizionario: “having too much” and “feeling defeated”. Una pienezza bucata, sconfitta.

“Come si riconosce il varco che trasforma il possesso in dipendenza e ne fa motore del nostro sentimento di insoddisfazione?”

Celeste non sa neanche piú il tema della puntata e ciononostante quell’unica parola le sembra cosí adatta, cosí giusta: se la visualizza come la schermata di Puzzle Bubble dove il cielo fatto di bolle continua a a scendere e il piccolo drago deve mirare bene e per tempo perché se, sordo, inizia ad accumulare, rischia di essere schiacciato, finisce in balia delle bolle che gli arriveranno. E i colori non sono sempre quelli di cui ha bisogno.

Si butta in mare in modo sgraziato e l’acqua che la accoglie é calda, cosí si allontana dalla riva a occhi chiusi, ricercando le correnti fredde che resistono anche se tutto intorno scotta.
“Acqua che insegna, acqua che possiede la nostra genealogia e il nostro cammino: abbiamo poggiato i piedi fuori da lei ma non ce ne siamo liberati, ci contiene più di quanto immaginiamo.”
Celeste esce dal mare e si asciuga nel silenzio della baia, poi continua a spostare mucchietti di sabbia con i piedi, scoperchiando a volte l’esistenza di insetti a volte di rifiuti
e poi ricoprendola.
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